La psicosi virus colpisce i bar del centro: "Meglio chiudere che andare avanti così". L'attività diminuita dell'80 per cento

TERAMO – Che la città nel complesso sia sempre più deserta è ben visibile, e di questo se ne sono accorti anche gli esercenti dei locali pubblici cittadini, soprattutto del centro storico, che puntualmente chiudono alle 18 e lamentano un evidente calo nell’attività, anche sotto il profilo economico: si parla di all’incirca l’80% in meno degli incassi e delle presenze. 
Sono scoraggiati ma pensano anche alla salute dei clienti e dei concittadini: per questo nel pomeriggio hanno deciso di riunirsi e di valutare la possibilità di chiudere fino al 3 aprile, data limite stabilita dal più recente decreto governativo per una serie di attività, sulla scia di quanto fatto da molti ristoranti cittadini. I sette titolari dei bar del centro (Caffè Novecento, il Des Artistes, Grande Italia, Calypso, Bar del Corso, Caffè Cerulli e Bar New York) si sono ritrovati e hanno espresso all’assessore al commercio Antonio Filipponi la loro intenzione di voler abbassare le saracinesche. Nella motivazione non c’è soltanto il fattore economico, bensì anche quello morale: avere l’attività aperta, seppure fino alle 18, può sembrare una contravvenzione al buon senso di evitare ogni diffusione del contagio, nonostante sia ben diversa la situazione rispetto ai giorni passati quando questi esercizi pullulavano di clienti, soprattutto giovanissimi, impegnati in brindisi e aperitivi.
Si tratta pur sempre di un servizio di pubblica utilità e per questo in tutti, alla fine, è prevalso il parere che una chiusura adesso, in anticipo rispetto a quello che potrebbe decidere il Governo nei prossimi giorni, sarebbe inutile e nemmeno incisiva sotto l’aspetto della tutela della salute pubblica. E’ grande invece l’attesa, come ha sottolineato anche l’assessore Filipponi, per la pubblicazione del cosiddetto decreto economico che accompagna le restrizioni alle attivita. Moli esercenti sperano in un sostegno economico, che possa aiutarli nel pagamento degli stipendi, dei contributi previdenziali o magari negli affitti dei locali, una voce quest’ultima che incide pesantemente sulle attività di pubblico esercizio.